Augurare la morte a una persona è sempre una brutta cosa, ma augurarla a qualcuno che non abbiamo mai visto in faccia è una di quelle cose, e sono veramente poche, che scriverei sulla lavagna sotto la voce “voi siete tutti quanti pazzi”.
Sì perché la violenza non è una grande novità, è solo l’altra faccia dell’amore. O ti accetto perché siamo d’accordo, oppure ti devo distruggere fino a che non mi diventi polvere tra le mani. Ce l’avevano i greci, ce l’avevano i romani e ce l’aveva tutta quella gente che troviamo sui libri di storia di ieri, di oggi e di dopodomani. Una di quelle robe alla mors tua vita mea, homo homini lupus, o li mortacci tua e basta. Insomma signori, su questo tema ci si scrivono i trattati, non pretendo di fare un ottimo riassunto sull’utilità dell’odio, mi voglio limitare a ricordarci che la funzione del capro espiatorio è una cosa importante perché permette alle persone di unirsi per un obiettivo comune, fornisce una continua fonte di dialogo e ci fa sentire migliori perché sotto sotto ci piace coprire le nostre travi, sottolineando le pagliuzze negli occhi di tutti gli altri.
Però se pensate che io stia qui a portare parole di pace allora vi sbagliate. Non sono il tipo. Ho sempre pensato che la pace sia più difficile delle bombe, i cazzotti più facili degli abbracci e i rimproveri dei complimenti. Non sopporto Imagine di John Lennon eppure una volta, a Firenze, ho ballato con un Hare Krishna in mezzo alla strada, ma solo per allentare i limiti della mia timidezza. Spesso divento un drago sputafiamme e sento crescere in me lo spirito di Charles Bronson, assumendo le vesti da giustiziere della notte ma col dialetto di una della Garbatella.
Vi confesso anche due episodi di gioventù (più gioventù di adesso) che a ripensarci mi lasciano ancora attonita, ma servono solo per rassicurarvi del fatto che non sto qui a sventolare bandiere bianche e dire che offendere gli altri è brutto e cattivo quindi non si fa. Il primo episodio mi è successo in un bagno della stazione di Parigi in cui bisognava versare un contributo di 2 euro per poter entrare. Lo verso in una soluzione unica con monetona singola ma il tornello non gira, allora chiedo all’inserviente cosa potesse essere successo. Sbuffando mi dice che se non metto i soldi non funziona, io dico che li ho messi, lui dice di no, io insisto, lui pure, io peggio, lui mi dice italiana bugiarda di merda come tua madre e tua nonna e come tutti gli altri, mi volta le spalle e se ne va. A quel punto interviene un signore che lo comincia a insultare perché il tipo è scuro di pelle, una ragazza che invece se la prende col signore perché è razzista, io non ci capisco niente ma sopratutto vorrei andare in bagno. Mentre tutti urlano con tutti, scavalco il tornello, infilo le mani nel portafoglio, raccolgo tutte le monete in un solo pugno e con la peggiore faccia da Charles Bronson, tiro tutto il malloppo contro il muro del bagno ed entro come un cowboy dicendo in mente una frase tipo “tieniti pure il resto“. Ah, che personcina terribile quella volta. E anche quell’altra volta che mi trovavo al mare e il barista mi disse che ero una grande rincoglionita perché non avevo preso in cassa, oltre allo scontrino, pure i gettoni per le cose da bere. Gettoni che non mi avevano mica dato e glielo dico. Ma anche stavolta lui non ci crede e mi dice di togliermi di mezzo che stavo intasando la fila. Io, che vi ho detto sono sempre Charles, insisto sulla mia posizione, lui insiste sulla sua e la cosa prende una brutta piega perché oltre che della rincoglionita mi regala insulti peggiori che non ripeto nemmeno io che sono grande fanatica delle parolacce. A quel punto mi si annebbia la vista e scavalco il bancone, afferrandolo per la camicia e dicendogli che la prossima volta tutte quelle cose poteva pure dirle a sua sorella (o zia, non lo so, comunque la mamma no). Come vedete, quando mi incazzo non mi risparmio e scavalcherei di tutto se qualcuno mi offende oltre certi limiti.
Ebbene sono stata una testa calda e ogni tanto anche un po’ una testa di cazzo e basta. E che vuol dire allora, che ho smesso di saltare ostacoli e di rispondere agli insulti? Sì, ho smesso. E non l’ho fatto perché è una cosa brutta e cattiva, ma perché quando mi incazzo forte per delle ragioni stupide, poi rimango incazzata per tutto il giorno e certe volte anche per quello dopo. Mentre se ai vaffanculo rispondo salutando con la mano come la regna Elisabetta, ho scoperto che mi viene così da ridere che mi passa subito e mi rende libera dalla bile che poi mi intasa lo stomaco e mi fa venire le rughe. Certe volte bisogna smettere certi comportamenti perché costano troppa fatica e basta, senza cercare di darsi un giudizio o le frustate sulla schiena per aver sbagliato.
E allora belli miei, ma che cosa ci succede su questi social? Come ci viene in mente di insultare madri, figli e intere generazioni? Come ci viene in mente di sentirci tanto progressisti e mettere invece tutti alla gogna come si faceva nel Medioevo, tirando la frutta in faccia a qualcuno solo perché qualcun altro l’ha tirato in mezzo alla piazza? Lo sapete che oltre alla frutta, quelli alla gogna si prendevano pure delle palate di sterco sugli occhi e in bocca? Ecco, noi facciamo la stesso cosa. Esattamente la stessa cosa.
Ogni volta che spargiamo odio sopra le idee di qualcun altro diventiamo proprio come i terroristi che tanto odiamo, ciechi e sordi per ideali che forse nemmeno esistono. Spietati come grande inquisitori, imitando goffamente il povero Cicerone e tutti gli oratori che si dilettavano a distruggere il prossimo con le parole, ma almeno lo facevano con stile. Non siamo i principi del foro, non siamo dei grandi retori, non siamo mica Torquemada, quindi quando ci viene voglia di fare a pezzi qualcun altro, andiamoci a fare una bella corsa oppure puliamo le mattonelle in bagno o facciamo un bell’urlo dentro all’armadio invece che agli sconosciuti.
Se poi vi capita di dover tirare fuori il vostro personale Charles dalla vostra anima, allora fatelo. Ogni tanto è pure giusto fare i primitivi e ricordarci che siamo pur sempre figli degli scimmioni, ma fatelo quando è proprio giusto e non c’è nient’altro che si possa fare. In tutti gli altri casi ma lasciatela correre questa vita, lanciare merda sugli altri non vi farà sentire sul piedistallo dei giusti, ma su quello dei rancorosi che non hanno nient’altro di meglio da fare che dire agli altri che cosa è meglio. O se siete personcine dal prurito alle mani facili, che una parola devono lasciarla sempre e zitti non ci sanno stare, allora prendetevi del tempo prima di insultare. Leggetevi le Catilinarie del vecchio Cicero, leggetevi L’arte di insultare di quel bel depre intellettuale di Schopenhauer.
Se volete la gloria del vincitore, se volete che tutti vi riempiano di pollici all’insù per come mettete insieme le vostre pallottole, allora fatelo pure cazzo, però fatelo per bene. Fatelo con grazia e con pazienza, perché anche l’antipatica ha la sua eleganza e fare i tamarelli di borgata siamo bravi tutti, compreso il mio Charles interno quando viene a trovarmi.
L’odio paga pochissimo e raramente, proprio come fa l’amore. Anzi, pensateci un attimo, regalereste mai tutto il vostro amore a qualcuno che non avete mai visto? Ma no che non lo fareste, allora perché dovreste regalare tutto il vostro odio così alla cieca? Sono entrambe energie preziose ed entrambe vanno meritate. E poi, come si dice qua alla Garbatella, se te devo mandà affanculo, bisogna che te guardo nell’occhi mentre lo faccio.