La posta di Olimpia
Salve, rispondo subito all’invito a scrivere fatto dalla sua pagina. Sono una donna separata da quattro anni. Ho due figli grandi, entrambi all’estero per lavoro, dunque sono sola. Nella mia vita mi sono dedicata anima cuore e corpo prima alla mia famiglia di origine, poi al mio ex marito ed ai miei figli. Senza tirarla per le lunghe, ho dimenticato la persona più importante: me stessa. Sono vissuta in un mare di sensi di colpa sentendomi sempre sbagliata ed inadeguata. Insultata dal mio ex marito, con il quale peraltro lavoro, ho deciso di mettere fine alla relazione. Ho sofferto per questo, tantissimo. Perché ho pensato al fallimento e mi sono data la colpa di tutto. Ora, dopo tanto lavoro su me stessa, ho trovato un equilibrio, ma combatto ancora con la mia solitudine. Ho cercato di conoscere altri uomini, ma disgraziatamente mi capitano tutti della stessa tipologia, e questo non lo capisco. Vede io sono una persona molto ingenua, non amo i giochetti, non mi nascondo, racconto tutto, anche la mia malinconia quando c’è. E basta una piccola attenzione da parte di un uomo per farmi cadere in trappola. Uomini che, dopo un po’, spariscono misteriosamente. Ora mi dirà, succede a tante…e sono d’accordo. Però, come si dice, ognuno di noi ha il suo dolore che non è mai inferiore a quello degli altri. Non credo troverò o crederò più ad uomo, l’ultimo l’ho mandato a quel paese pochi giorni fa, e non ho capito se lui lo sa. Perché, mi chiedo, la gente è così egoisticamente concentrata solo su se stessa e non pensa mai al dolore che può provocare agli altri? Mi scuso se ho fatto un po’ di confusione, ma in questi giorni sono abbastanza avvilita e forse il mio è uno sfogo inutile e senza senso. Quello che vorrei dire è che non è semplice ricostruire la propria vita dopo i fallimenti, almeno per me è così. Grazie mille. M.
Cara M. grazie per avermi scritto. Ricostruire la propria vita dopo un fallimento è come svegliarsi una mattina e scoprire che durante la notte c’è stato un colpo di stato e noi siamo il paese da riformare. Si tratta di uno degli eventi a cui la vita ci sottopone, più catastrofici e più edificanti. Non nello stesso esatto momento ma rimango convinta del grande potere rivoluzionario delle disfatte amorose. Le posso assicurare che non è lei ad essere fragile, è l’amore che è fragile. Più lungo è il nostro viaggio, meno ci è chiara la direzione, più pesante sarà lo zaino con cui ci relazioniamo con le nostre nuove conoscenze. In quel suo “raccontare tutto” ci vedo insieme un grande dono e un arma che può rivelarsi molto tagliente, perché così come noi abbiamo il nostro carico di partenze a vuoto e scivolate dalle cime, anche gli altri camminano per il mondo con il loro zaino ed è difficile, se non forse anche un po’ arrogante, pensare di ricominciare sempre tutto daccapo con la stessa purezza e la stessa energia che avevamo tre o quattro frequentazioni fa, o peggio (o meglio) ancora, qualche amore fa.
Essendo io una donna e sentendomi in empatia in qualità di essere umano più che di professionista, tenderei a convenire con lei sul fatto che gli uomini siano spesso dei mascalzoni (questa parola l’ho scelta con cura pensando a come li avrebbe apostrofati mia nonna) e magari invitarla a letture edificanti come Donne che amano troppo o Donne che corrono coi lupi, entrambe non da buttare per carità, ma entrambi deresponsabilizzanti di alcuni aspetti cardine necessari ad avere una visione realmente edificante del disastro che siamo capaci di ritrovarci intorno. Potrei anche dirle che certo, esiste una reale differenza biologica, sociale e psicologica tra l’essere umano donna e l’essere umano uomo. Siamo infatti tutti provvisti del cervello rettiliano (sì, perché in comune con i rettili, proprio quelli) deputato alla gestione di affari importanti ed animaleschi come la territorialità, la conquista, le reazioni di attacco e fuga, la competitività e altri mostri umani sebbene striscianti. Questo magari le potrebbe servire per accettare il fatto che tutti possediamo un nucleo ingovernabile che mira solo a non divenire preda e non soffrire. Con questo nucleo intenso e primordiale non permettiamo a nessuno di essere realmente più importante di noi o, se lo facciamo, ne paghiamo un costo. Come nel suo caso, in cui come mi racconta, si è sempre data da fare solo ed esclusivamente per gli altri e non è stata ripagata con la stessa moneta. Lo ha fatto, ci è riuscita, è stata senz’altro molto coraggiosa, però appunto ha dimenticato se stessa. Forse le sta capitando quello che capita a molte, forse a tutte, le persone quando si entra nel terreno sdrucciolevole delle cose dell’amore. Sta ripetendo un copione relazionale nel quale per motivi che non posso conoscere da qui, si sentirà da una parte sicuramente molto in difficoltà e frustrata, ma dall’altro è probabile che una parte di lei la spinga verso questa ripetizione per un motivo terribilmente semplice. Perché le è familiare. Già, siamo strani animali, per i quali il cambiamento è sempre auspicabile e temuto. Nel cambiare copione relazionale infatti siamo costretti a sacrificare qualche cosa, a leggere gli eventi passati sotto una luce diversa, e vedere ciò che siamo e facciamo sotto una luce diversa.
Solo attraverso questo compito amaro è realmente pensabile costruire delle modalità di selezione e reazione diverse da quelle che in passato non hanno funzionato e permetterci di essere felici in due. Glielo chiedo sperando di non risultare indelicata, ma è possibile, cara M., che in tutti questi anni lei si sia incastrata in un ruolo che le sta stretto ma che non riesce a cambiare? Sarebbe possibile anche pensare che finché cederemo alla dolce (e rabbiosa) tentazione di dare tutta la colpa alternativamente a noi stessi oppure al mascalzone di turno, rischiamo di finire condannati da noi stessi ad una sorta di auto compiacimento doloroso e cinico sulla non possibilità di redenzione o anche solo di miglioramento del benessere percepito quando decidiamo di dedicare il nostro cuore a qualcuno? Glielo chiedo e me lo chiedo, anche se me lo chiedo spesso, ma non è mai abbastanza.
Sarebbe possibile che io oggi qui dal mio pc sulla scrivania la inviti a provare a ridefinire il concetto di colpa secondo i termini di responsabilità? Come se dovesse essere madre severa ma giusta della sua parte bambina in cerca di un luogo sicuro in cui abbandonarsi ed essere se stessa e provare a individuare quali sono i nodi che sistematicamente le capita di affrontare. Come le capita di sentirsi e sopratutto qual è questa tipologia di uomini che poi la abbandonano. La invito a questa riflessione che avrà sicuramente fatto lei stessa innumerevoli volte, ma il punto di osservazione attraverso cui osserviamo gli eventi è più importante degli eventi stessi.
Forse ognuno di noi prova a riscrivere sempre la stessa storia che forse è iniziata nei rapporti che abbiamo avuto con i nostri genitori, che forse ci hanno condizionato, insieme a tante altre variabili, nella direzione dei nostri spostamenti, spingendoci a lottare per un finale felice di una favole che finisce sempre in modo triste. Forse se davvero pensa di non riuscire a uscire da questa che sembra a tutti gli effetti una trappola, può prendere in considerazione di raccontare la sua storia a qualcuno che faccia il mio mestiere e che le possa fornire una visione esterna di alcuni angoli che al nostro sguardo interiore rimangono sempre e per forza in ombra. Non si tratta di essere incompetenti con se stessi, piuttosto di arrendersi all’evidenza che l’amore è una forza troppo trasversale e troppo umana per sprecare le nostre energie vitali a cercare di combatterla o di farne a meno. Se c’è un invito che le posso fare, per quello che possa contare, è quello di non farsi trascinare dal cinismo ma di provare ad assumere una posizione più scettica nel momento dell’incontro. Con questo lungi da me la promozione della freddezza emotiva, ma un piccolo memorandum di auto protezione. Perché lei ha ragione, nessuno bada al nostro interesse più che al proprio, certe volte non lo facciamo nemmeno noi stessi, ma su noi stessi possiamo invertire rotte, sul timone degli altri è uno spreco di vita pensare di voler avere il controllo. Chi va via, va via per salvare se stesso, parti di se stesso, aspetti di se stesso, non per distruggere le nostre. Quella è soltanto una naturale e dolorosa conseguenza, non la conseguenza di un’azione malevola nei nostri confronti. Però l’amore è sempre una scacchiera, anche nella più dolce delle favole.
Forse c’è qualche altra situazione dalla quale non volendo si “distrae” tenendosi occupata in relazioni poco appaganti, qualcosa che le sta più a cuore risolvere, forse qualcosa che è più difficile da risolvere della nuova ultima sconfitta mascalzoniana. Sa, se lei fosse una mia amica le farei i miei più sentiti complimenti per aver cresciuto due figli indipendenti che saranno pieni di affetto per lei e con prospettive all’orizzonte, per essersi presa cura della sua famiglia, come la sua famiglia si sarà presa cura di lei quando lei non poteva farlo da sola, per essersi presa la responsabilità di compromettersi in un matrimonio e la lucidità per tirarsene fuori quando le faceva troppo male. E le direi inoltre, è proprio sicura che lavorare con il suo ex fallimentare marito non sia uno stillicidio quotidiano al quale non sarà di sicuro facile rinunciare visto che parliamo di lavoro, ma forse necessaria come mossa per ripartire più profondamente dai suoi desideri e da ciò che prima che la vita la deludesse pensava dell’amore. Le sembrerà sciocco, ma credo che sia sempre la parte più semplice e indifesa di noi quella che va sempre verso l’energia dell’amore, la stessa che viene ferita, la stessa che a volte non comunica con altre parti più adulte che ognuno di noi. Una parte che vuole essere abbracciata e rassicurata come in quei filmacci americani in cui qualcuno dice che andrà tutto bene, perché per quanta evoluzione, cultura, scienza e via dicendo all’infinito, tutti quanti abbiamo bisogno di qualcuno che ci abbracci e ci dica che andrà tutto bene.
Dalle ricostruzioni come si dice sempre, si comincia sempre con un passetto, un mattoncino, un minuto o anche tre minuti di una canzone che le piace molto. Si regali quei tre minuti e la possibilità di non tagliare fuori dalla sua vita un’emozione così bella, ma di regalarsi degli occhiali nuovi con i quali osservare il mondo, e l’amore.
P.S. Se dovesse fare un buon incontro me lo faccia sapere, sono sempre felice di sapere che lì fuori c’è gente che non si arrende al qualunquismo relazionale, anche e sopratutto, nonostante i fallimenti.
Olimpia