Confessioni di una psicologa senza filtro

di Olimpia Parboni Arquati

Intervento mezzo secchione sulla fine del Postmoderno

Non ho sempre avuto un buon rapporto con le cose che riguardano la cultura generale. Fino ad un certo punto scappavo dai libri come si scappa dallo sciroppo per la tosse, ero la tipica da 7 in condotta che se la passava spedita fuori dalla classe a conteggiare le mosche e ogni volta che si rischiava di entrare in argomenti vagamente impegnati, liquidavo la cosa con un accoratissimo “ammazzachepalle”Mia madre che cercava di spiegarmi i tempi verbali era ammazzachepalle, la biografia di Ungaretti era ammazzachepalle, le introduzioni a qualsiasi cosa, un ammazzachepallissime.

Poi verso i 15 anni, dopo aver preso un N.C. (non classificabile) ad una versione di latino, credo che mi vergognai talmente tanto di essere un sottozero che iniziai a smettere di prendere a capocciate i libri e cominciai a vedere che avevano da raccontare. Diciamo che ci tenevo tanto a fare la diversa fuori dalla mischia che avevo vinto il cappello da asino ed ero stata liberata dai vincoli dell’essere considerata un numero, ma spedita lì dove stanno quelli cacciati via dal gruppo, non quelli che se ne stanno fuori perché l’hanno deciso loro. E pure questo, devo ammettere, era una cosa che tutto sommato mi rompeva parecchio le palle.

Vi parlo della mia redenzione da un certo tipo di ignoranza perché, come per tante altre cose, non sopporto chi ti dice che studiare è importante perché sì e basta. Studiare non è importante, è semplicemente fighissimo. Ti darà sempre cose a cui pensare se ti ritrovi alla fermata dell’autobus senza lo smartphone, ti accompagnerà durante le ore di insonnia con riflessioni interessanti e mai inutili, in pratica ti permette un miglior monologo interno ma, sopratutto, ti faciliterà nella sottile arte del rimorchio durante gli aperitivi, le feste , le cene e quello che vi pare. Perché se stiamo ancora a pensare che per vincere servono soltanto i muscoli o soltanto le tette, allora rimane sicuro che continueremo a perdere.

Torniamo all’ispido argomento domenicale che mi è venuto in mente: Er Postmoderno. Anche se qualcuno di voi si starà dicendo si vabbè ma  che è er Postmoderno, se magna? Se magna, se magna. In qualche modo se magna e tra poco ci ritorno.

Questa strana bestiola la possiamo definire come una sfumatura di colore particolare che è andata di moda per un certo periodo. Un po’ come la moda del capello grigio o di quello rosa o di quello arcobaleno. Ecco, questa moda, come tutte le mode, nasce come risposta a quella che c’era prima, che in questo caso si chiamava Modernismo (ah però che fantasia sti acculturati), che a sua volta era nato dopo il Romanticismo (non quello delle rose rosse, mi raccomando). In pratica ogni trend nasce e cresce perché ci appalliamo di quello che c’era prima e proviamo a fare il contrario. Se questo è vero nella cultura, meno vero è nelle nostre biografie. Infatti lì, la maggioranza di noi rimane incastrata tutta la vita in un unico trend che ripetiamo fino all’ultimo respiro. Il perché magari una volta ce lo raccontiamo ma non oggi. Oggi fatemi fare la mezza secchiona della domenica invece della psicologa.

Er Postmoderno è quella cosa che ha fatto sì che, passati i momenti storici delle grandi dittature e della grandi guerre, potessimo finalmente esprimere le nostre volontà in tanti modi quanti riuscissimo a immaginare. Questa libertà si vedeva un po’ tutto intorno, prima di tutto nell’arte perché gli artisti so sensibili, si sa. Allora gli architetti, i pittori, gli scrittori, iniziano a fare le cose senza curarsi di rispettare nessun regola tranne quella di non averne nessuna e lo fanno con ironia. Si sperimenta tutto perché questo è il trend del momento e la moda vuole che si distruggano gli ordini costituiti e si giochi con la tavolozza dei colori a più non posso. A questa grande libertà di espressione corrispose, dopo un lungo periodo festoso, un grande senso di incertezza, esistenziale, politica, familiare, generale. Per tornare al nostro esempio dei capelli, se l’hanno scorso andavano tanto i capelli tutti colorati, quest’estate la storia continua ma è affiancata da un grande ritorno al colore neutro, 5O mila sfumature di castano naturale, magari con l’hashtag davanti. La prossima estate chiunque avrà una ciocca fucsia sarà ormai etichettato come “antico“.

Lo so che starete pensando che confondere i temi da parrucchiere con le grandi condizioni della cultura nel pensiero occidentale è una cosa da persona superficiale o forse un peccato grave, non lo so. Però so che se aveste anche voi un parrucchiere come il mio allora lo fareste. Ogni volta che vado a fare una “seduta” da lui, finiamo sempre per ripercorrere gli stili adottati dalla Bertè negli ultimi 20 anni e parallelamente toccare spunti esistenziali. Le cose mezze secchione si annidano nei luoghi comuni, non solo nelle aule delle università o nei convegni.

Eppure che Er Postmderno sia finito lo hanno deciso proprio con un convegno, 7 anni fa e quasi nessuno se n’era accorto. Ah, vi ricordo che alcune volte gli esseri umani hanno fatto convegni per decidere cose molte peggiori di queste, tipo a quale sesso appartenessero gli angeli, terribile dubbio che deve aver tolto il sonno a qualcuno, a un certo punto, tanti anni fa. Diciamo pure che nessuno se n’era accorto perché di certe cose, si parla in modo talmente tanto difficile da capire che nessuno se ne interessa. E, mannaggia a noi, la cultura è proprio una di quelle cose che si tratta con parole incomprensibili ai più e spesso è usata solo per darsi un tono in ipotetici salotti con altre persone che a loro volta si esprimono in modo astruso e forse nessuno ci capisce niente ma tutti si vergognano a dirlo, quindi si continua a parlare a monologhi invece che a dialoghi.

A me invece piace essere dialogica, o almeno provarci spesso, e mo’ vi dico da cosa si vede che Er Post è finito e sta iniziando una nuova era (sta iniziando pure quella dell’Acquario secondo gli astrologi acculturati ma non saprei esprimermi, in comune hanno il fatto che si manifestano lentamente). La libertà di ieri è diventata un leggero ammazzachepalle e pare come che abbiamo bisogno di nuove verità. Ieri la verità non la cercavamo più, oggi cominciamo a preferire il castano naturale. Ieri ci piaceva la Nouvelle Cuisine, oggi ci piacciono di nuovo le tagliatelle come la faceva nonna, i cibi a km 0, gli orti autoprodotti, il fatto in casa e il fatto semplice. E poi il vintage, il vintage e ancora il vintage. Ecco la parola che sta tornando: semplicità. O autenticità o genuinità o zero olio di palma, fate vobis.

I giovani si ricominciano a sposare e fare figlioli, i grafici lasciano il lavoro e vanno a vivere in campagna, le bellone di Instagram cominciano a farsi le foto senza filtro, senza trucco, senza troppo inganno. Si rispolverano le borse della nonna e si riprendono i libri in mano, alla faccia di chi dice che in mano abbiamo sempre e solo il telefono. Abbiamo ancora una volta bisogno di cercare “dio”, non più nel nulla (Nietzche, buonissima anima), ma in qualcosa. Ed ecco lì che spuntano i vegani estremisti, gli estremisti e basta, quelli che vanno in giro per il mondo scalzi, quelli che si danno allo sport come missione. Vale tutto basta che sia qualcosa che somigli ad un regola. (E basta non esagerare se no poi diventate ammazzachepalle).

Voi direte, ma quando mai? Hai presente il mare di Internet, la globalizzazione, il filtro bellezza? Olimpia ma di che cosa stai parlando?! Eh, lo so, lo so, avete ragione. Ma ho ragione pure io, lo sento in fondo al mio animo da mezza secchiona della domenica. E comunque ho detto che queste cose ci mettono un po’ a mostrarsi, molto più di quanto ci mettano le cose della passerella ad arrivare sulle stampelle di H&M.

Il Realismo, così l’hanno chiamato, si sta facendo sentire. Ci vuole meno armati e più buoni, meno ribelli e più comunicativi. Ci sta chiedendo di essere quello che siamo, qualsiasi cosa siamo, e di smetterla di fare finta di non voler essere niente e perdere la vita a chiederci dove stiamo andando. Se er Postmoderno è l’Opera House di Sidney, quella tutta curve metalliche che pare un veliero, il Realismo è una casetta come quelle casette che disegnano i bambini sui quaderni.

Adesso la mezza secchiona della domenica vi saluta, augurandovi di trovare il vostro modo di cavalcare il trend del momento senza troppa paura e con il desiderio di cercare voi stessi e il vostro vero colore.