Oggi lì fuori c’è un tempo di merda e quindi ho deciso che voglio parlarvi di una cosa che nessuno vuole sentirsi dire. Mettetevi scomodi, accendetevi una sigaretta e preparatevi alla secchiata fredda. Nessuno salva nessuno MAI.

Se vi innamorate di una persona più triste di voi le probabilità di uscire brandendo la coppa campioni sono le stesse di chi spera di vincere alla lotteria senza nemmeno aver comprato il biglietto. Aiutatemi a dire zero.

Questo è il fucking errore che tutti quanti facciamo più di una volta durante il viaggione che chiamiamo vita. Una roba che nasiamo da lontano, come l’aquila che vola alto punta il serpente che striscia, noi il poverello che ha bisogno di essere salvato, o la poverella eh, non sono mai stata femminista. Le donne siamo fiori, basta co’ sta storia di tirare fuori le palle ad ogni costo.Quindi questa capacità di errore è una delle cose più democratiche che conosco.

La capacità di aprire la via maestra all’inculata è una roba che facciamo con le migliori intenzioni, però a una certa tocca applicare la ragione pure ai sentimenti e stare attenti a prendere le cotte abissali solo per qualcuno che abbia un livello di felicità simile al nostro.

Ti voglio e vorrei fare duemilaesedici cose insieme a te, ma ho paura.

Penso che tu sia un essere umano superfigo, ma ho paura.

Stare con te è bellissimo, ma ho paura.

Paura de che? Ah sì, di soffrire. Quindi ti inculo io prima che lo possa fare tu.

Non fa una piega, queste frasi fanno solo due palle cubiche. Non provocano solo sofferenza, quella che il baldo coraggioso cerca in tutti i modi di prevenire. Producono soprattutto un profondo senso di scoraggiamento verso tutti quelli che rompono il cazzo implorando felicità e poi, se poco poco capita, non sanno cosa fare.

Perché vi chiederete? Perché la libertà, signori, fa molta più paura della galera.

La libertà, la felicità & other big cazzi ci definiscono meno. Dietro le sbarre della sofferenza e della solitudine stiamo più tranquilli, abbiamo tre pasti al giorno, tre metri quadri di spazio, un’ora d’aria e le altre 23 per sognare di tutto quello che ci manca. In galera saremo pur ristretti ma almeno abbiamo la nostra infelicità tutta per noi, completamente sotto controllo, completamente nostra.

Invece gli altri sono enormi vallate col sole più caldo di noi e per camminarci dentro ci vuole coraggio.

Ogni volta che scegliamo qualcuno peggio di noi, per livello culturale, educazione, ambizione, capacità in genere di stare al mondo, noi pensiamo di fare cosa buona e grata, invece facciamo una grandissima cazzata.

In prima battuta il nostro amato ci ammirerà, ci chiederà dove siamo stati fino ad ora, ci cercherà come il cammello l’acqua, ma poi si scontrerà col fatto che noi, volendo, stavamo bene pure da soli. E questa, signori, è na roba indigeribile.

Mi ricordo di un ex lover che un giorno mi raccontò di avermi messo le corna in spiaggia con Pinca Pallina. Io mi sentii così di merda che passai tutta la notte  appollaiata sul tetto di casa, a fissare la luna, cercando di vederla tra le lacrime. E poi sparii in religioso silenzio.

Costui, soprannominato da me stessa L’infelice, dopo qualche giorno mi fece, non sapendolo, un grandissimo regalo di coscienza, ammettendo che con la tipa mai che mai ci era andato. Semplicemente mi considerava tanto figa che aveva avuto paura di ricevere presto o tardi ignobili tradimenti e quindi si era così salvaguardato, inventando una tresca mai successa.

Ebbene The Infelix fu pietra importante nella comprensione dell’errore fondamentale. Tuttavia non potevo immaginare che anni dopo sarebbe arrivato un nuovo e ben più prode eroe dei sentimenti ambigui, che mi tenne per ben due primavere tra il non so e il non ti merito, e io carinella provavo pure a dargli vaghi consigli di procedura.

Ma vaffanculo, ma vaffanculo veramente. Vaffanculo a me, a te che lo stai facendo adesso, a tua cugina che l’ha fatto mercoledì e a vostro zio che negli anni ’50 fece lo stesso.

Ogni volta che tra tanti fiori vi scegliete quello marcio, poeta, artista, manager, meccanico o disoccupato, ricordatevi che ne uscirete male. Perché non c’è niente di più pericoloso di una persona che non crede di essere abbastanza, perché non c’è niente di più difficile, nemmeno l’Everest in calzoncini, di attaccarsi a chi già da solo non è un po’ felice.

Tutte le altre volte che ostinati farete il contrario vi capiterà di sudare lacrimoni perché dall’altra parte non ci crederanno mai.

Come puoi amarmi se non lo faccio già io per conto mio? Non starà mai in piedi il vostro tentativo di salvezza, è come raccontare a un’anoressica che è già abbastanza magra. Fatica, fatica e frustrazione. Nello specchio vede altro e  se trovate chi allo specchio non sa guardarsi, allora pensate a me che con tanto cuore vi racconto, senza cercare di salvarvi, che l’unica via giusta è quella con qualcuno che sa già come camminare. Mentre chi va con lo zoppo, non impara a zoppicare, rimane solo indietro. Sudato, stanco e solo.

Non sono i soldi, non è la macchina, non è il precariato, è la capacità di badare a sé stessi e di gestire le proprie prese a male senza prendere a calci gli altri, la qualità più importante che una mamma raccomanderebbe a un figlio e io, in questo giorno di tempo di merda, raccomando a voi.

Olimpia Parboni Arquati

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