Chi ha paura dello psicologo?
Forse vi ricorderete di me per una cosa che scrissi tempo fa che si chiamava Odio gli psicologi (ed è subito intro alla Troy Mcclure dei Simpson) e adesso penserete che mi sto contraddicendo nel difendere la categoria. Potrei dirvi che sono banalmente una donna, quindi mi contraddico, ma so che i più saggi di voi capiranno che tutte le cose si possono guardare da tanti angoli, senza per questo perdere l’essenza. Gli altri vabbè, che dobbiamo fare, sarebbe come quando spieghi una barzelletta e nessuno ride più. Penso a una signora che mi aggredì verbalmente dicendo che in quanto psicologa non potevo scrivere cose negative su di noi e che non potevo chiamarla signora, ma dottoressa. Quindi l’ho chiamata signora dottoressa e indovinate un po’ quanto si è arrabbiata. E penso ad un tale che qualche tempo fa fece promessa di denunciarmi a tutti gli ordini per lo stesso motivo, dopo avermi fatto i complimenti e dopo che dai complimenti era passato ad un invito per un caffè che gentilmente ho rifiutato destando la sua ira funesta. Mi disse anche che avrebbe tenuto d’occhio ogni cosa che avrei scritto in futuro così da potermi mettere alla gogna per mancanza di empatia. Per cui se non doveste avere più notizie di me, mandatemi le mele a Rebbibia, non le arance perché ho le unghie corte e poi è un casino.
Allora dicevamo della paura dello psicologo. Ne abbiamo sentite tante sui giudizi della gente, dall’allora mi stai psicanalizzando al farti domande che se solo conoscessi le risposte non starei qui ma a prendere gli Spritz con il maestro Yoda in un’altra galassia. Ma di queste cose non me ne voglio occupare perché se ne occupano in tanti, vorrei solo parlare di questa paura che davvero non capisco. Paura che spesso si accompagna alla frase “Io non credo nella psicoterapia”, fantastico. Ma il credere fa parte di un atteggiamento religioso verso le cose o le persone, quindi non credo sia una cosa intelligente da dire. Dicendo così trasferite tutta la responsabilità nella persona che sta dall’altra parte e non in voi, come se fossimo taumaturghi che con la sola imposizione delle mani vi risolvono la vita.
A me fa paura andare dal dentista, rimanere senza amore, perdere le persone importanti e ripensare a Hellraiser che vidi da bambina dove un tizio cattivvissimo se ne andava in giro con la faccia trapuntata di spilli. Oddio, anche verso certi insetti ho qualche comportamento timoroso ma voglio dire, sopravvivo. E a voi degli psicologi che è che vi fa paura? Proviamo a indovinare. Che se decidete di fare questo viaggio interstellare dentro voi stessi sarete più o meno costretti a piangere su cose che vorreste dimenticare, che dovete sborsare del cash ai fini di piangere su cose che vorreste dimenticare, che lo psicologo vi obbligherà, con strumenti di tortura medievali, a parlare di vostra mamma per poi piangere su cose che vorreste dimenticare. Ci ho preso più o meno?
Penso che più o meno sì, o almeno questo è quello che vi raccontate. Io però penso che la cosa che veramente possa farvi paura non è nessuna delle precedenti, ma l’inevitabile fatica personale che andare da uno psicologo comporta. Per fatica intendo sia l’impegno di alzare le chiappe e andarci anche quando fa freddo e tira vento e sopratutto l’inevitabile fatica che uno sente quando decide di cambiare. Ehssì perché siamo tutti geni nel dire uh come sarebbe bello se solo fossi o non fossi, facessi o non facessi, ma quando si tratta di rimboccarci le palle e farlo, allora siamo tutti deficienti. No vabbè non tutti, con questo non voglio dire che il mondo necessita di psicoterapia, mo’ non provate a farmi passare per quella che favorisce l’accanimento terapeutico. Se riuscite a favorire il vostro cambiamento in qualsiasi altro modo, dalla palestra al giardinaggio, dal corso di salsa e merengue a quello di pittura a olio, passando per una profonda e personale auoriflessione sui cazzi vostri con conseguente decisione di farla finita con almeno un paio di cose che vi avvelenano le giornate, allora chapeau per voi. Ma veramente dico, in questo gioco della vita vale tutto, purché lo facciate invece di pensare di farlo la notte sotto le coperte prima di chiudere gli occhi quando tutto è possibile, compreso svegliarsi astronauta o prima ballerina della Scala.
Non è che ci fanno paura gli psicologi, ci fa paura l’impegno. Ci fa paura correre il rischio che poi magari restiamo esattamente uguali e allora addio sogni di gloria prima di andare a dormire, addio lamentazioni, addio pacche sulla spalla, addio se solo se e se solo ma. Finché ci teniamo stretti stretti la possibilità di pensare che potremmo essere diversi ci teniamo stretti pure tutte le scuse che ci raccontiamo. Il dolore serve sempre a qualche cosa e se ce lo sbucciamo via tipo buccia di cipolla, piangeremo un po’ e ci dovremo dar da fare con una vita diversa da come ce la ricordavamo e a nessuno piacciono i cambiamenti, siamo esseri abitudinari, persino nel male. Somiglia un po’ a dire oh come sarebbe fico se potessi ristrutturare la mia casa, ma avete presente la fatica del trasloco, della scelta dei colori delle pareti, degli infiniti oggetti che dovremmo spostare, ricordi da ricordare e risistemare, parti da buttare, da ricomprare, spese, ore, fatica, fatica, fatica. Ma comunque oh come sarebbe fico.
Ecco, la psicoterapia è, tra le mille cose che può essere, più o meno come questo. Pensate insieme a me un attimo a una cosa, così evidente eppure così innominata, si dice che chi va dallo psicologo è un “paziente“, vi siete mai chiesti come mai proprio questa parola, invece che “pirla“, “debole“, “porello“, “matto“? Paziente perché è la pazienza che vi vuole per fare questa ristrutturazione e la pazienza fa schifo, fa male, fa scalpitare e dire ma quando cazzo arriviamo sono stanco. Però è tra le virtù che l’uomo impara, la più utile e la più gajarda. Un cassettino alla volta finché la vostra casa non vi sembrerà accogliente quanto basta per buttarvi sulla poltrona a contemplare il panorama.
Poi ecco, un’altra cosa, lo psicologo che scegliete vi deve stare simpatico. Sì ho detto simpatico, non c’è verso di passare tutto quel tempo a parlare con qualcuno che non vi ispira manco un po’ di simpatia, perché si tratta di un dialogo, non dell’idraulico che viene a casa e vi toglie il calcare dalle tubature, che pure se sembra un tipo stronzo potete sempre andare sul balcone a fumarvi una sigaretta. Anche se a dirla tutta la simpatia aiuta anche in questo caso, la simpatia aiuta sempre, pensate un po’ se non aiuta quando dovete raccontare pezzi della vostra vita.
So che molti pensano che alla fine gli amici aiutano anche di più, che da soli ci si aiuta meglio, che siamo tutti troppo speciali per farci aiutare, e mi sta benissimo in tutti quei casi in cui però non siete tristi di come siete. In tutti gli altri, c’è un nome per chi snoda le tristezze e non si tratta di cedere alla fragilità ma di dire ao mo’ ci provo veramente a prendere il timone della barchetta e farla andare da un’altra parte. Non c’è credo, non c’è paura, c’è solo l’inevitabile fatica di un impegno che non si risolve con lo schiocco delle dita o con le pasticche, ma un cassettino per volta, con desiderio e con pazienza.