Raccontini-Over&Out
OVER & OUT
(Codice di fine trasmissione nella procedura radiotelefonica)
“Non pensava che le cose potessero andare così, si guardò intorno con aria sconsolata e si incamminò verso l’uscita.”
Ecco, un buon narratore l’avrebbe descritta così: dall’alto. Invece lei ci sta ancora dentro a quella cucina assurda, coi ritagli di giornale che gridano ribellione attaccati al frigo, l’orologio fermo all’ora legale in pieno inverno e quella patetica cerata sul tavolo con disegnate le ricette regionali dell’Umbria. Però è vero che non l’avrebbe immaginato mai. Quando l’aveva conosciuto lui era brutto ed era pure stronzo. Di una stronzaggine grossolana, da sportellista di un ufficio pubblico in ora di chiusura. E si vestiva male: la prima volta portava un maglione arancione con le trecce. In prospettiva si sarebbe presa a schiaffi da sola, negli infiniti dormiveglia sudaticci, per non aver riconosciuto il diavolo anche solo da quel particolare, in quel dettaglio di cattivo gusto che già di per sé valeva un pugno. In un occhio.
Ma quest’ultimo punto odora già di presa coscienza, mea culpa e futuro, torniamo in cucina: piove e lui le offre persino un bicchiere di vino mentre, con quell’inflessione dialettale da romano di barzellette, le ripete: “Io non so che ditte, nun te amo, capito? Io nun te amo.”
Gli esseri umani immaginano i graffi dell’amore in endecasillabi formali e dizione alla Vittorio Gassman che legge il menù. “Mi prenderà le mani e, occhio nell’occhio, mi dirà che l’esistenza grava e riempie così tanto da non concedere il lusso di un amore. Mi dirà che la patria lo chiama a rispondere in un posto molto lontano, che la santità lo invita alla castità, che motivi familiari offuscano la sua anima, che la salute lo obbliga ad una clinica spirituale tibetana e non vorrebbe mai condannarmi ad una vita di monaci calvi e bacche secche. Mi dirà che il cane gli ha mangiato il quaderno in cui ci aveva disegnato il suo cuore.“ Pur sempre cagate ma, almeno, sonoramente ritmiche.
Gli esseri umani in fondo sperano di poter tornare a casa e piangere come nei film, strappando Kleenex (ma poi chi cazzo li ha mai comprati i kleenex?) da una scatola pronta sul comodino, mentre un’immaginaria radio ti regala “I can’t liiive, if living is withouuut you“. Gli esseri umani sperano di poter cambiare la superficie e pure il fondo. È così aveva fatto anche lei, trasformando quel maglione orrendo in cotone fresco, le frasi da osteria in versi di un Neruda postumo. Ma “la realtà, alla fantasia, je spacca sempre er culo“, come proprio lui aveva detto una volta e lei, per ostinato spirito di contrarietà, quella realtà di egoismi rotondi, docce saltate e giochetti di potere l’aveva fatta diventare l’odore dell’estate, fiori dal cemento e indiscusso amore. La vigliaccheria in timidezza, diamanti dalla merda: ecco che cosa aveva fatto.
La pioggia aumentava, aumentava il battito, aumentavano le sigarette spente, l’orizzonte pareva un punto nero. E allora lei lo fa: si alza di scatto, mette le mani in tasca e tira fuori due evidenziatori abbandonati raccolti nel parcheggio, li sbatte sul tavolo e dice: “Mettitici in evidenza sto cazzo, tanto scomparirai lo stesso.“ Esce di casa, le orecchie le fischiano, sbatte la porta, dio quanta pioggia, ha detto no. No al colesterolo cattivo, no a chi le ha detto di no, no all’arancione, al malamore, alle ricette regionali sbiadite, al vino scrauso. No era stata la sua prima parola, a sua nonna negli anni ottanta.
E no che non l’avrebbe fermata il portone del cancello chiuso a chiave, infatti lo scavalca, goffa come un ciccione alla maratona, ma ci riesce. Le formicolano le gambe per il salto mentre cerca le chiavi della macchina in una borsa enorme e piena di oggetti che al freddo delle mani non si lasciano distinguere. Entra nella scatola di latta con la gloria addosso di chi arriva secondo su due, la bellezza dei vinti col trucco sciolto a forma di panda, il cuore una briciola e il sorriso all’ingiù di chi, non sapendo che all’equazione mancava il fattore X, ha preferito mettere in dubbio se stessa pur di ottenere un risultato. Accende la radio e sbatte su tutti i tasti finché non smettono le parole e sente una melodia qualunque. Arrivata a casa dirà allo specchio che è stata bravissima, intanto alza il volume e
“tremando e tremando forte,
lei ballerà sulle stelle accese e scoprirà,
scoprirà l’amore
l’amore disperato.
Disperato, oh“.