Ciao Olimpia, mi sono sempre ripromessa di scriverti perché credo che se si pensa qualcosa di qualcuno, glielo si deve dire senza troppi indugi. Allora volevo dirti che adoro come scrivi e gli argomenti che tratti. La tua capacità di osservazione dei minimi particolari mi stupisce sempre di più e sono contenta che qualcuno abbia ancora la capacità di osservare, anche nelle situazioni più scomode, come può essere un tram o la metro a Roma.

Detto ciò volevo chiederti cosa ne pensi delle “batoste”. Come può essere, ad esempio, la fine di una relazione, essere bocciati a un esame…quelle che proprio non ci si riesce a rialzare più, quelle che ti mettono davanti a un muro di insicurezze e di autosvalutazioni che è difficile superare.

Continua a scrivere se ti fa piacere e soprattutto se ti fa star bene, perché a me leggere quello che hai da dire fa star bene perché è detto con passione.

A.

Cara A.

Mi hai fatto una bella domanda e anche se su tante cose sono impreparata, su questa forse lo sono un pochino di meno. Io delle batoste penso un sacco ma un sacco di cose. Le fregature, le sconfitte, le delusioni, le tristezze, le pizze in faccia quando meno te lo aspetti insomma, sono quanto di più utile, creativo e benedetto ci possa mai capitare in questa vita spesso di merda, quasi sempre difficile.

Un mio maestro diceva spesso che la vita non è quello che ci capita ma quello che ne facciamo di quello che ci capita e raramente mi sono trovata più d’accordo su certi punti di vista come in questo caso. Poi c’è chi crede che tutto capiti per un motivo e che tutto quanto abbia un significato profondo, io no. C’è chi crede ai grandi complotti che qualcuno ordisce alle nostre spalle e cerca di farci degli sgambetti per metterci alla prova come fossimo tutti piccoli Giobbe in divenire, messi su questa palla verde e blu per sopportare pesi ed angherie, io no. Io credo che la maggior parte delle cose ci capitino per un caso talmente tanto casuale che chissenefrega di trovargli un senso, ma ogni volta che qualcosa ci capita, porta con sé il potere della reazione.

Essere maltrattati o lasciati o traditi è uno scempio per le nostre anime, è un’esplosione di singhiozzi e domande, è una secchiata d’acqua fredda fatta a forma di coltello, ok. Ma dimmi un po’ tu se non conosci almeno qualcuno che dopo essere stato accoltellato in questo modo, non abbia anche tirato fuori cose di sé stesso che non conosceva. Banalmente iscritto in palestra, tagliato i capelli, fatto nuove amicizie, fatto viaggi ricostruttivi, sia metaforici che reali. Sono sicura che questo sia capitato anche a te come a buona parte dei tuoi amici.

Gli scrittori non scrivono mai quando sono felici (questo non è del tutto vero), lo fanno quando sentono che c’è un vuoto e che solo le parole possono fare da balsamo sui nodi del dolore. Lo fanno per eccesso di sensazioni e per carenza di spiegazioni e sensi. I migliori sportivi hanno subito qualche incidente che li ha fatti fermare per un momento. E in quel momento si sono dovuti fare delle domande e se le sono dovute fare per forza. Insomma, non è forse solo rialzandoci dopo essere caduti che si vede quanto siamo veramente alti? Non è forse gradevole vedere le ferite che si rimarginano e ci aiutano a non dare per scontato il male? Non è forse meraviglioso sentire che ce la possiamo fare quando invece pensavamo di essere al tappeto?

Forse, ma forse forse eh, il dolore e il male sono stati messi su questo pazzo mondo solo per farci avere l’idea del bene e della felicità. Come il nero serve a definire il bianco e la pioggia il sole.

Quando avrò dei figli farò loro solo un augurio, che possano soffrire nel loro cammino, non sempre ma nemmeno mai. Così potranno chiedersi di loro se stessi, di quanto valgono e di cosa vogliono. E così potranno cambiare tantissime volte e sentire che la vita si allunga, perché non è una linea ma una spirale piena di curve.

Al povero Einstein dicevano sempre a scuola che era una pippa in matematica e con lui ti farei un listone lungo ma poi diventerei prolissa, che è il mio miglior e peggior difetto. Però facciamolo questo 2 + 2. Pensa se non glielo avessero mai detto?

O comunque pensa un secondo a me, tutte le cose che lascio scritte qui vengono da qualcosa che mi ha fatto male o che ha fatto male a qualcun altro. Quando ho iniziato a scrivere l’ho fatto perché mi avevano detto che mi sarei dovuta rassegnare allo stato delle cose, abbassa la testa e fai solo quello che si deve fare, perché da soli non si può fare niente. Abbassa la testa e segui la corrente, che se no poi ti perdi nell’oceano e non arriverai mai da nessuna parte. Ok, non sono e forse non sarò mai un caso che finirà in un libro o nelle citazioni spicciole dei social network, ma non importa. Sto solo facendo qualcosa che non pensavo di poter mai fare, e questo mi basta per dirti col cuore in mano, che le batoste sono squarci di possibilità che scoppiano nel cielo come dei fulmini. Sono l’occasione per cambiare un destino che magari non volevamo nemmeno, sono momenti per tirare fuori le palle e mettere le mani sul timone della nostra barchetta e navigare il mare.

La cosa difficile è non affezionarsi al rancore maledetto che le batoste ci lasciano addosso, perché anche quello tiene compagnia e rischiamo di rimanere legati alle cose che ci sono capitate come se ci avessero anche tagliato braccia, gambe e cervello. Solo se ci permettiamo di lasciare che le cose crollino avremo veramente spazio per vedere germogliare dei fiori nuovi. E allora che le nostre lacrime di tristezza siano come pioggia per tutti questi semi che ci portiamo dentro.

Ti abbraccio,

Olimpia

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