Ventimila è un numero più grande di quanto sappia contare, dopo il due ci sono quattro zeri ma ho dovuto controllare su Google. La prima maestra di matematica che ho avuto diceva sempre che le penne rosse erano state inventate apposta per me.
Quando c’erano le lire non avevo l’età per averne in tasca così tante, al massimo quelle per un ghiacciolo e un paio di Goleador. Oggi se devo spenderne 200 per cambiare le gomme della macchina ho bisogno di un business plan per essere sicura di farcela a fine mese, figuriamoci se ci aggiungo altri due zeri ancora.
Io non so come dirvelo, che voi siate diventati così tanti mi ha mandato il cervello in corto circuito, come se fossi una calcolatrice trovata nell’uovo di pasqua che deve contare il debito pubblico di una nazione. Signore, signori, grazie per essere dall’altra parte di questo schermo. La possibilità che qualcuno leggesse quello che scrivo non era scritta da nessuna parte ma non posso nascondervi quanto sia felice e quanto sia commossa.
Era una sera di fine maggio, i primi tiepidi entravano dalle finestre e io decidevo che non sarei uscita da quella stanza se prima non avessi provato a fare quello che volevo fare da tanto tempo: provarci. Provarci senza vergogna, provarci senza tornare indietro e senza sapere come andare avanti. Oggi è un pomeriggio di inizio novembre, le finestre sono tutte chiuse e questa stanza è sempre la stessa. Io invece no, perché a maggio non avevo voglia di commuovermi, adesso invece non so più dove nasconderla e allora ve lo racconto.
Ogni notifica che compare è il segno che qualcuno, da qualche parte, sta regalandomi un pezzetto della sua fiducia. Per ogni cosa che vi è piaciuta, qui ci sono sempre io a stupirmi che sia successo. Nessun click vale più di un altro e nessun click passa inosservato. Non importa se so spiegarla bene, questa sorpresa che mi fate tutte le volte, quello che importa è provare a dirvelo. E allora, cazzo, grazie Anna, grazie Angie, grazie Ambra, Anna Rita, Jenny, Luana, Antonio, Niko, Eliana, Roberta, Fatima, Monica, Sara, Mariella, Leonardo e Alina. Grazie Francesco, grazie Elena, grazie Vittorio, grazie Federica, grazie Roberta, grazie Katia, grazie Matilde, Debora, Andrea, Fabrizio e Marta. Grazie a tutti quelli che non nomino perché è proprio il fatto di non riuscire a farvi entrare tutti qui dentro che mi fa venire voglia di commuovermi e sopratutto di dirvi grazie.
E siccome è una delle due parole più difficili in assoluto, ci metto dentro anche la seconda: Scusa. Scusatemi se non abbondo, se non esagero, se sparisco e non scrivo niente, scusatemi se non ho risposto a tutti i messaggi e scusatemi se ero rimasta senza parole.
Succede. Succede sul serio che le cose belle poi ti fanno paura, perché ti sembra che non siano vere, che non te le meriti e che non riuscirai mai a mantenere quella felicità con lo stesso ritmo. Per un momento ma anche per due e per tre io ci ho pensato a dire basta, abbandono tutto, lascio la nave perché ho perso il timone, che rimanga una pagina tra un milione, persa negli oceani delle parole come una barchetta di carta nell’acqua infinita.
Ma se è vero che spesso mi cago sotto, i vostri nomi sono più veri del coraggio che a volte non trovo e più veri di tutte le paure tutte quante insieme. Io tra 10 minuti mi alzo e apro tutte le finestre e poi mi metto a cantare anche se non so farlo e a dire al mondo e alle macchine in corsa su questa strada, che io non sono mai stata così contenta di aver provato a fare qualcosa e vorrei tantissimo che se vi capitasse di rinunciare a un’idea prima di aver provato a farla vera, vi sentiste come me adesso: scemi ma non arresi.
Mi chiamano psicoterapeuta, ma io preferisco Olimpia e dire che mi piace vedere le persone tristi diventare felici e allora per favore fatelo pure voi. Non datemi del Lei, non dite esperta e non scusatevi mai se avete voglia di chiedermi qualche cosa. Io non mi disturbo, io mi emoziono e basta se qualcosa di quello che dico io serve a sciogliere anche solo un grammo di quello che qualcuno di voi vive come un nodo dentro.
Sono troppe le volte in cui diamo per certo che le nostre parole siano solo granelli di sabbia nel deserto e sono troppe le volte in cui non è vero. Me l’avete fatto capire talmente bene che non potevo più aspettare per restituirvi questo regalo che scarto ogni volta che i miei occhi vedono i vostri nomi.
Grazie. Grazie ventimila volte.
Olimpia