Sono stata contenta quando dal mazzo è venuto fuori proprio Withaker (uìtaker) perché è tra quelli considerati più pazzerelli e originali di altri. Nasce nella cittadina di Raymondville, nello stato di New York.
Viene da una famiglia numerosa e rurale, provenienza che gli rimarrà a lungo addosso, quella del topo di campagna. Infatti dirà di essersi sentito schizofrenico per tutto il liceo e aver passato circa 15 anni cercando di capire come adattarsi a una struttura sociale, dopo aver vissuto i primi 15 nella propria fantasia. Ed è proprio in materia di schizofrenia che gli partì quello che chiamerò Il ciavattone, o comunque la grande intuizione. Dopo aver studiato Ginecologia e Ostetricia, nel ’38 decide di studiare Psicologia e inizia a lavorare con gli schizo, rendendosi conto che i poverini qualche miglioramento in clinica lo portavano pure, ma poi tornavano a casa e ricadevano miseramente. Grazie a questa intuizione e al clima di importanza della famiglia che si cominciava a respirare in quegli anni tra gli psi, che Carletto diverrà noto con il nome di terapeuta della famiglia. Per lui il cliente è proprio tutta la famiglia, e non solo i genitori, ma tutta quella che si poteva invitare, si invitava. Nonni, fidanzati, vicini e se non ricordo male una volta fece addirittura portare in studio una teca con dentro il pitone di qualcuno, perché pure sto pitone aveva il suo ruolo all’interno del sistema. (Davvero non mi ricordo se è vero o no, ma nella mia testa è diventata una nozione e comunque rende l’idea).
Withaker è per me noto come il terapeuta da mic drops, infatti a lui sono riferite una serie di considerazioni ed episodi degni del miglior rapper. Ivi a breve ne elencheremo qualcuno.
Il nostro è diventato conosciuto per appunto questa storia della famiglia allargata, molto allargata e per l’uso della figura del co-terapeuta, ossia un collega con cui portare avanti la terapia. Questa scelta ho trovato potrebbe avere due diverse origini. Da una parte ho trovato che lo riprese dalla modalità utilizzata come consulente per i dipendenti di una centrale nucleare, durante la Seconda Guerra Mondiale in cui bisognava concentrare le forze e ridurre il tempo, da un’altra parte ho trovato che invece viene dall’esperienza personale di solitudine e di come aver fatto amicizia con due compagni di liceo, lo abbia davvero aiutato nel suo benessere. In un’altra intervista ancora ho trovato un suo commento su quanto alla fine sia meglio fare la Psicoterapia in compagnia perché da soli è troppo faticoso. E vorrei vedere chiunque ad arbitrare tutta una squadra di calcetto più il pitone, da solo.
La sua terapia viene chiamata anche Terapia dell’Assurdo, nel senso che faceva largo uso di sé stesso più che di vere e proprie tecniche, utilizzando la creatività come risorsa. Credeva nella logica emotiva delle cose più che in quella cognitiva e uno che fu un suo collaboratore per vent’anni disse che Cercare di dare giudizi su Withaker con il lato sinistro del cervello (quello non deputato alla creatività) è come cercare di fare l’analisi grammaticale di Joyce. Secondo questa logica fece varie cose appunto da mic drop, tra cui: mettere al tappeto un bambino per dimostrare che poteva stare calmo, addormentarsi durante una seduta per trasmettere il senso di divertimento che provava, cacciato via una coppia in cui ognuno aveva un amante, dicendo che avevano già ognuno il suo psicoterapeuta e che non gli piaceva l’infedeltà, minacciato di morte da un utente della comunità psichiatrica gli rispose che meno male così aveva un’altra scusa valida per farsela sotto già che gli capitava comunque per via della sua timidezza.
Eppure se i sui interventi funzionavano non sarà stato certo per questi interventi da mattatore, o comunque non solo. Immagino, come in tutte le cose, che una grande dose di passione e dedicazione, anche in questo essere così fuori dagli schemi. Per esempio diventato direttore del dipartimento di Psichiatria, faceva fare ai tirocinanti una terapia di gruppo di prova, in cui tutti i lunedì dalle 9 alle 10, si stava in silenzio. Punto. E tenne un gruppo di scrittura, per quasi 8 anni, con 4 colleghi, riunendosi ogni giovedì dalle 9 alle 12.
Sosteneva che l’obiettivo di ogni famiglia fosse quello di liberarsi dal passato e dal futuro, per tornare a essere. Non dava mai consigli perché pensava avrebbero ostacolato la crescita, perché ogni persona aveva le risorse necessarie per portare a termine il viaggio e che i membri di una famiglia hanno bisogno di sentire la disperazione prima di poter cambiare. Il malessere era spesso tutta una causa della difficile mediazione relazionale a cui siamo condannati in quanto persone. Malessere frequentissimo nelle famiglie e, ovviamente, nel matrimonio. Argomento su cui fece enorme spirito sostenendo cose sagacissime tipo Se non sopportate la solitudine, non sposatevi.
Scrisse varie cose, tra cui Il crogiolo della famiglia che vendette 100mila copie. A me però ne è sempre stato a cuore un altro che si chiama Considerazioni notturne di un terapeuta della famiglia, scritto verso gli 80 anni. Ci sono vari spunti molto saggi, molti riferimenti alla sua vita con tanto di foto illustrative, indicazioni per i giovani terapeuti, ha un titolo molto fico e contiene questa ouverture notevole: “Questo non è un manuale di istruzioni e non sono neanche sicuro che sia il manuale di quello che io ho fatto. Il problema è che dubitando di me stesso non mi fido neppure dei miei pensieri. Forse nel loro insieme queste considerazioni sono solo il racconto fantasioso di come sono riuscito a sopravvivere”.
P.S. In pensione tornò a vivere in una casa di campagna simile a quella in cui era nato con Muriel, sua moglie da cui aveva avuto 6 figli. Lui e Muriel avevano inventato un gioco, il ping-pong senza punteggio. Avevano deciso fosse la cosa giusta da fare per divertirsi un po’, senza dovere stare lì a tracciare confini di supremazia della loro storia.
Ecco Carl versione santino, non ho trovato di meglio, nelle altre aveva un doppio mento pazzesco e non mi è sembrato gentile.